Un nuovo bosone che potrebbe aiutare gli scienziati a comprendere la misteriosa natura della materia oscura, che permea circa un quarto dell’universo.
L’Organizzazione europea per la ricerca nucleare, comunemente conosciuta con la sigla CERN, è il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle. Si trova al confine tra Svizzera e Francia alla periferia ovest della città di Ginevra nel comune di Meyrin. La convenzione che istituiva il CERN fu firmata il 29 settembre 1954 da 12 stati membri. Oggi ne fanno parte 21 stati membri più alcuni osservatori, compresi stati extraeuropei.
Lo scopo principale del CERN è quello di fornire ai ricercatori gli strumenti necessari per la ricerca in fisica delle alte energie. Questi sono principalmente gli acceleratori di particelle, che portano nuclei atomici e particelle subnucleari ad energie molto elevate, e i rivelatori che permettono di osservare i prodotti delle collisioni tra fasci di queste particelle. Ad energie sufficientemente elevate, nelle collisioni vengono prodotte tantissime particelle diverse, in alcuni casi sono state scoperte in questa maniera particelle fino a quel momento ignote.
Le analisi dei dati prodotti dal superacceleratore LHC del CERN di Ginevra portano un team di studiosi sudafricani a ipotizzare l’esistenza di un nuovo bosone in grado d’interagire con l’elusiva materia oscura
Dopo la mancata conferma, nelle scorse settimane, al CERNdi Ginevra dell’osservazione di un bosone fantasma, un parente più pesante dell’ormai celebre bosone di Higgs, i fisici sudafricani dell’High Energy Physics Group (HEP) presso l’University of the Witwatersrand di Johannesburg ipotizzano adesso, in un lavoro ancora in corso di pubblicazione, l’esistenza di una nuova particella, definita “bosone Madala”.
A differenza del bosone di Higgs, che conferisce massa a tutto ciò che ci circonda, esseri umani compresi, la nuova particella avrebbe una caratteristica peculiare: la capacità d’interagire con la sfuggente materia oscura. La sua esistenza era già stata ipotizzata nel 2012, anno dell’annuncio della scoperta del bosone di Higgs, premiata col Nobel in fisica nel 2013.
Gli scienziati sudafricani affermano adesso di avere trovato ulteriori conferme a quest’ipotesi iniziale, dopo avere analizzato i dati prodotti dalle collisioni tra particelle, spinte a velocità prossime a quelle della luce, nel superacceleratore LHC del CERN, una pista magnetica di 27 chilometri a 100 metri profondità lungo il confine tra Francia e Svizzera.
“L’ipotesi del bosone Madala è stata formulata dal nostro gruppo, in collaborazione con scienziati di India e Svezia, sulla base di una serie di caratteristiche e peculiarità dei dati comunicati dagli esperimenti di LHC”, spiega Bruce Mellado, team leader del gruppo sudafricano.
La caccia alla materia oscura continua. In questo momento, è come se gli scienziati si trovassero in una stanza buia con una torcia accesa che ne illumina solo un angolo. Il resto della stanza è lì, intorno a loro, ma non riescono ancora a vedere com’è fatto.
“La fisica oggi – conclude Mellado – si trova a un bivio, come ai tempi di Einstein e dei padri della meccanica quantistica, quando la fisica classica aveva fallito nel tentativo di spiegare tutta una serie di fenomeni, e si rese necessario rivoluzionarla con nuovi concetti, come la relatività e la meccanica quantistica”.
Una cosa analoga, secondo lo scienziato, potrebbe accadere oggi al Modello Standard, l’edificio su cui poggia la nostra odierna comprensione del mondo fisico. Ma dalla quale, però, restano ancora esclusi diversi fenomeni, a partire proprio dalla materia oscura.