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Roma, la giornata della Memoria dell’ic ‘Largo Oriani’

L'intervento della ministra Lamorgese e la testimonianza di Tatiana Bucci

ROMA – “La memoria ci ricorda i principi per cui continuare a combattere: la libertà, il rispetto della diversità e l’inclusione dell’altro, con spirito positivo e con la convinzione che solo valorizzando le diversità si possono trovare gli elementi di crescita di un Paese”.

Così Luciana Lamorgese, ministra dell’Interno, questa mattina al Teatro ‘Regina Pacis’ di Roma, in apertura della giornata della memoria organizzata dall’IC ‘Largo Oriani’.  A 75 anni dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, un centinaio di studenti e studentesse della scuola secondaria di primo grado è stato coinvolto in una mattinata di riflessione e testimonianza sullo sterminio nazifascista.

“Il rispetto della diversità deve partire dalla scuola, che deve impegnarsi a combattere qualsiasi forma di bullismo o violenza- ha detto Lamorgese– Mi capita spesso di parlarne con Liliana Segre, e siamo fortunatissimi di avere la sua preziosa testimonianza nelle nostre Istituzioni; la sua come quella di Tatiana Bucci sono storie vere, di dolore e solitudine, che ora sono nei libri di storia. Queste testimonianze possono aiutare voi ragazzi a dare la giusta dimensione ai vostri problemi, per questo le giornate come quella di oggi sono importantissime, sono lezioni di vita, che vi ricorderete per sempre”.

È poi salita sul palco Tatiana Bucci, deportata nel campo di Auschwitz quando aveva sei anni, che ha condiviso con i giovani il terribile ricordo della sua esperienza.

“Io avevo solo sei anni e non mi rendevo conto fino in fondo di quello che succedeva, ma ricordo che mio cugino grande fu espulso da scuola e che i miei zii persero il lavoro, ha raccontato Bucci. A fine marzo del ’44 qualcuno denunciò tutta la comunità ebraica di Fiume- ha continuato Bucci- E una notte una spedizione di nazisti e fascisti venne a casa nostra. Mia madre ci svegliò e capii che eravamo in pericolo quando vidi mia nonna inginocchiata davanti al capo della spedizione, mentre lo supplicava di lasciare liberi almeno noi bambini, invano”.

Inizia così la prigionia della sua famiglia, che dopo qualche giorno nella Risiera di San Saba, campo di concentramento nazifascista in Italia, fu condotta a Trieste e da lì ad Auschwitz.

“Mi ricordo il vagone della morte, un carro bestiame dove stavano schiacciate una settantina di persone- ha raccontato Bucci– in un angolo del vagone c’era un secchio per i bisogni. Quando ci ripenso, immagino quanto deve essere stato orrendo sopratutto per le donne anziane. Era un modo per farci capire che non eravamo diretti verso un campo di lavoro, come dicevano, ed era un modo orribile per annullare la nostra dignità”.

Una dignità poi totalmente mortificata e annichilita dall’orrore del campo di concentramento, dove fu rinchiusa con la sua famiglia il 4 aprile del ’44.

“Ad Auschwitz ho capito di essere ebrea, prima non sapevo cosa significasse. Quando mia madre fu trasferita in un altro campo di lavoro in Germania, io e mia sorella pensavamo fosse morta, e che il suo corpo fosse sul cumulo di morti che vedevamo ogni giorno. Non versammo neanche una lacrima, forse perché la vita nel campo era già morte”.

Una testimonianza straziante, che però Tatiana Bucci si sforza di rievocare spesso, soprattutto per sensibilizzare le nuove generazioni.

“Se non ci fossero i ragazzi non testimonierei con questa frequenza- ha ammesso Bucci– perché è estremamente doloroso ricordare e ricostruire il passato. Sono tornata molte volte ad Auschwitz, e lo faccio solo per i ragazzi, perché capiscano. Ce n’è estremo bisogno, sopratutto con i tempi che corrono, in cui assistiamo ad una recrudescenza nazifascista. Credo che in realtà il fascismo non sia mai scomparso, ma ora i fascisti si sentono legittimati a uscire allo scoperto, hanno smesso di vergognarsi. In tutta Europa si va pericolosamente a destra, e dobbiamo fare di tutto per evitare che l’orrore ritorni. Vorrei che l’Italia facesse veramente i conti col suo passato, senza mistificarlo”.

Infine il pensiero dell’anziana sopravvissuta è andato agli esculi di oggi, i migranti discriminati e costretti ai viaggi della morte:

“Ripenso alla foto del bambino curdo morto sulla spiaggia, è un orrore che non si dovrebbe ripetere. Vorrei ci fosse più accoglienza, capire che, come diceva la ministra, la diversità dovrebbe unirci e non dividerci”.

Intervistata a margine dell’evento, Lamorgese ha poi ribadito l’importanza del ruolo delle istituzioni in questo processo:

“Come istituzioni dobbiamo essere sempre presenti perché ci sia sempre memoria di quello che è successo- ha detto Lamorgese– Quello che sta succedendo negli ultimi tempi, mi riferisco a Mondovì e non solo, richiede una presenza maggiore anche nelle scuole per raccontare ai ragazzi e risvegliare il loro impegno. Si deve partire dalla famiglia e dalla scuola per far capire ai ragazzi che, al di là di tutte le questioni meno rilevanti, ciò che conta sono i valori che costruiscono una società come quella nostra, che ci permettono di vivere in libertà, con serenità, secondo i principi della democrazia”.

2020-01-30T14:44:30+01:00