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21 grammi di felicità…o lo spirito esala o il cervello se ne va

Giovani senza rete: tra passato e presente l'ambiguità dei messaggi e la normalizzazione delle proposte di modelli a rischio. L'ultimo esempio giunge da una canzone di Fedez

fedez21 grammi…di felicità. Il film di Alejandro González Iñárritu lo ricordo ed era una storia in cui il personaggio principale Cristine, ex-cocainomane, attraverso tragici eventi ricadeva in una nuova dipendenza da alcol e da altre sostanze. Il titolo si riferiva all’ipotetico peso che si perderebbe esalando l’ultimo respiro. Questo secondo una ricerca pubblicata a suo tempo dal Dr MacDougall, che pesò sei persone al momento del trapasso e riportò i risultati a sostegno della sua teoria che l’anima avesse un peso. «Ho consumato 21 grammi di felicità per uso personale». L’ultima ambiguità è la canzone di Fedez. Ho letto da alcuni commenti sulla sua pagina Facebook, in risposta a chi ha minacciato di denunciarlo per istigazione alla droga (in maniera molto colorita), che «il testo non è stato capito», che «i 21 grammi non sono tre grammi per sette (di che?)». Ma si riferisce «al peso dell’anima»: l’anima di chi? A voler buttare tutto in caciara, a Roma qualcosa in merito si potrebbe rispondere, direttamente in romanesco, secondo lo spirito (è il caso di dirlo) popolare che sa sempre l’anima di chi… Sarebbe un agire diretto, franco, spontaneo, senza ambiguità perché no, con spavaldo coraggio, quello che evidentemente dovrebbe caratterizzare la trasgressione ma che la mortifica nascondendosi dietro ad un “no, non è quello che credete”…

I fan l’hanno capito bene a cosa si riferiscono quei 21 grammi, il testo è sufficientemente esplicito per contesto di riferimento e accessori citati. Ci si può consumare l’anima, non c’è dubbio, ma se esistono (ed esistono) altri modi di interpretare e non si dovesse capire ciò che si intendesse comunicare, allora alle critiche bisognerebbe opporre con convinzione e spiegare parola per parola il senso di tutto ciò che nel testo con l’anima non ha nulla a che vedere. Spiegare per togliere chiunque dall’imbarazzo dell’incapacità di «non capire il testo». Senza pregiudizi si potrebbe affrancare chi non comprende dalla sensazione di essere preso in giro e, in fin dei conti, si apprezzerebbe l’onestà intellettuale di sentirsi porgere elementi di giudizio tesi a convincere e rimuovere tutte le ambiguità. Sinora si è letto solo che non si è capito, ma non ciò che bisognava capire e sembra un po’ una fuga, più che una reazione.

In attesa dei “sottotitoli”, i 21 grammi sanno di quello che il testo passa, sicuramente non rappresentano una soluzione e, qualunque interpretazione si voglia accettare, propongono scenari che con la felicità non hanno nulla da condividere. è tragico che i ragazzi che commentano su Facebook si riconoscano in un disagio, in una serie di problemi di esclusione, ma non facciano rilevare alcun elemento teso a valorizzare la stima e il rispetto di se stessi, l’autostima che si contrappone a chi propone questa felicità sintetica come vera lì dove è un pessimo surrogato di ulteriori problemi. “Segnateci assenti” è l’indifferenza, l’impermeabilità, certo non la felicità e comunque un modello perdente. Altro che trasgressione.

Sono tempi “intensi” e fuori controllo: 21 grammi di felicità, happy hours, olimpiadi alcoliche, “gambling”, games online, cybersex e porno online. Il contesto del mondo disegnato da dinamiche non contrastate da alcuna authority o istituzione è come quello richiamato ieri dal Procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone in relazione alla corruzione di un intero sistema creato dagli adulti: deprimente. Anche per “uso personale”, consentito entro limiti ben definiti dalla legge, non è ammissibile far passare certi concetti che possono indurre chi non ne capisce il senso a sconfinare nel mancato rispetto della legalità. Non si può arrivare a “normalizzare” certe espressioni che giungano a essere legittimate nel rappresentare un valore o a essere proposte ai giovani come tali, senza alcun intervento. Per trasgressione, sballo o intossicazione, per destrutturazione della personalità o del fisico, molti di questi disvalori sono introdotti anche dall’industria: musicale, degli alcolici, della droga, della moda, del gioco. Lobbies con forti legami che consentono che tutto sia normalizzato o, addirittura, legalizzato dal diritto creato per difendere il profitto che danneggia i più deboli, i più vulnerabili. Giovani “adescati”, affabulati, affascinati anche grazie a promozioni e marketing milionari in assenza o inerzia di tutela e sorveglianza da parte delle autorità preposte in tutti i settori di vita comune. Giovani anzi istigati e poi ipocritamente “raccomandati ” con un “fallo”, ma “responsabilmente”.

Un “tutto è lecito” che in assenza di controllo – chi controlla i siti web? Chi può ostacolare un minore nell’accesso a un sito per adulti? – non consente interventi mirati, ma sostiene dinamiche “legali” che promuovono nuove e vecchie dipendenze e rischi che le famiglie non riescono a contrastare, violentate dalla logica del mercato e dell’economia che uccide, come l’ha definita Papa Francesco. E le scuole fanno poco per contribuire a svalorizzare comportamenti che risultano tollerati e “normalizzati” anche nei contesti scolastici. Sono i 21 grammi di Fedez la felicità? Lo spirito che esala o lo sballo chimico? È quello l’X Factor? È questo il modello che deve essere promosso? Chi non interviene? E perché non lo fa? E perché si propongono i promotori di questa “confusione” come “giudici” del talento giovanile? Morgan era stato stigmatizzato e attaccato: c’è differenza? Le pagina di Facebook sono pubbliche, farci un giretto aiuta a capire i giovani, il loro sentire, ciò che “hanno capito” senza che nessuno glielo spieghi semplicemente perché non c’è nulla da spiegare.

Qualche anno fa dalla Presidenza del Consiglio venne inviato a tutti i media, agli ordini professionali (compreso quello dei giornalisti) e ai comitati di tutela dei minori il “Codice di Autoregolamentazione: indicazioni per lo svolgimento dei programmi radiotelevisivi che trattano il tema dell’uso delle droghe e dell’abuso di alcol”, con particolare riferimento alla tutela delle persone minori. Autoregolamentazione significa che qualunque emittente radiotelevisiva, qualunque giornalista che volesse qualificare la propria professionalità come servizio pubblico aderente a quanto esposto nel codice, avrebbe dovuto seguire le indicazioni poste nel documento formale approvato dalla Consulta Nazionale degli operatori e delle società scientifiche per la lotta alle dipendenze scaricabile dalla presente pagina. Naturalmente, come si dice, io c’ero e sono stato uno degli estensori e pochi potranno ricordarne l’esistenza in vita, come quella di tante leggi volutamente disapplicate in Italia. Chiunque può farsi un idea di quanto questo codice venga preso in considerazione e rispettato e se in Italia esistano settori pubblici o privati che possano qualificarsi per garanzia e tutela nei termini esposti.

Tornando ai 21 grammi, non sono sufficienti per la felicità. Forse, come dimostrò Mac Dougall, indispensabili per verificare ciò che si perde nel trapasso a miglior vita, condizione indispensabile per la felicità a quanto è dato leggere, ma forse sarà il caso di favorire scelte informate anche su questo e qualcuno vorrà spiegare meglio all’aspirante felice che questa ricerca della “felicità” può avere effetti collaterali di cui si potrebbero avere poche chance di reclamo. Intanto il cervello se ne va, e che felicità.


di Emanuele Scafato

2017-05-04T16:38:56+02:00