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California Dreamin’: salviamo gli homeless!

Chiara Donati Liceo Classico “Galileo” di Firenze

 

Il 4 luglio a San Francisco tutti i riflettori sono puntati su Fisherman’s Wharf , il famoso quartiere dei pescatori: un luogo ideale per ammirare i fuochi d’artificio lungo la baia e fare, con l’occasione, anche un po’ di baldoria.
Poco più lontano, oltre le strade saliscendi di Nob, Russian e Telegraph hill, , ci sono zone dove nessuno mai si sognerebbe di festeggiare. Né di giorno né tantomeno di notte.
Si parla di interi quartieri popolati dai famigerati “homeless”, un’allarmante categoria di uomini e donne che fanno della loro dimora le “streets“ delle metropoli americane. Negli ultimi anni a San Francisco in special modo il loro numero è aumentato moltissimo. Superando il limite dell’umana tolleranza. A Tenderloin, ad esempio, un quartiere a circa 5-10 minuti a piedi dalla stazione dei Cable Car a Union Square, in pieno centro cittadino, per circa tre isolati comunità indistinte di homeless popolano i marciapiedi. Tali veri e propri “ ghetti” di senzatetto si estendono numerosi fino alla parte sud di Market Street, nei pressi del Campidoglio. È facile riconoscerli: sporchi, vestiti di scuro, ai limiti fisici e psichici. Alcuni più innocui (fanno soltanto grande compassione), altri purtroppo violenti, provocano, oltre a compassione, evidente inquietudine. Definiti da molti passanti nei più disparati modi: “Figli illegittimi della società”, “Sfortunati”, “accumuli di scelte sbagliate”, al di là di che cosa essi siano, come siano, perché siano, sta di fatto che essi ci sono. Vivono. Per le strade e come animali. E sono uomini. Contra factum non valet argumentum : va bene filosofeggiare sulla loro condizione, ma almeno operare affinché essa cominci a cambiare.
Ci sono stati certamente alcuni interventi sensati per arginare il problema: basti ricordare i 2 milioni di dollari donati da Google verso la fine del 2014 al sindaco di San Francisco, i 500mila riservati al Larkin Street Youth Services, il “Food recovery network” istituito dagli studenti dell’università del Maryland, senza contare le compagnie di beneficienza che offrono saltuariamente cibo e assistenza per strada. E sicuramente altri ce ne saranno nei prossimi mesi e anni. Il problema è che i risultati, se ci sono, sono pressoché invisibili perché la situazione peggiora giorno dopo giorno, o, almeno, rimane tale e quale. Senza dare segnali di miglioramento. Dove sono finiti questi soldi? Verrebbe spontaneo chiederselo.
Eppure , tralasciando ogni possibile illazione, la salvezza di queste miriadi di uomini dalla strada sarebbe davvero un sogno per la California (California dreamin’ ). E un trionfo per il mondo intero. Se aiutati economicamente e psicologicamente, questi uomini potrebbero lavorare, ricominciare una nuova vita. Tutti quanti. Dai veterani di guerra ai disoccupati in difficoltà, compresi coloro che (come affermò un italiano del posto) si ritrovavano con le mosche fra il naso a trainare la loro “casa” per le vie cittadine per semplice scelta, dato che possedevano ingenti somme di denaro in banca.
L’aiuto concreto deve partire dai cittadini, i primi a rendersi conto quanto gli homeless facciano soffrire , perché simboli di una realtà sbagliata e trascurata. E non solo: perché con la loro presenza triste ma degradante infangano il buon nome della città, distruggendone l’anima. Mi permetto di usare questo termine, “anima”, perché ogni città nel mondo possiede una sua atmosfera particolare, che si respira lontano dai turistici punti d’interesse. E San Francisco, più di ogni altra città americana, con la sua storia, i suoi leggendari scrittori, il suo clima, di anima ne ha tanta. Ma questa anima non è la tristezza, l’abulia, il disprezzo per la vita, come gli homeless ci fanno pensare. San Francisco è la città dei sogni da realizzare. Non dei sogni infranti.

Chiara Donati
Classe 3D – Liceo Classico “Galileo” di Firenze

2016-05-10T15:23:15+02:00