Le relazioni sono un terreno estremamente complicato. Fonte di piacere, godimento, gioia e amore, ma al tempo stesso anche di malessere, paura, rabbia e sofferenza.
La chiusura di una relazione è sempre un’esperienza dolorosa che porta con sé un carico di sofferenza paragonabile in una certa misura al tormento che si prova quando si affronta un lutto. È normale, dunque, sperimentare un certo grado di sconforto e necessitare di tempo per elaborare il distacco dalla persona amata. Questi momenti sono importanti per imparare ad affrontare la tristezza, senza rifuggirla, e a tollerare i sentimenti di inadeguatezza e abbandono che scaturiscono spontaneamente dalla chiusura di una relazione importante.
Ogni esperienza aiuta, così, a conoscere se stessi più a fondo e a comprendere meglio le caratteristiche che attraggono in una persona e di cosa si ha bisogno per vivere una relazione felice. Alcune persone, però, non riescono a superare e ad apprendere dai propri vissuti, continuando ad incappare nelle stesse dinamiche relazionali che hanno causato sofferenza e che hanno portato alla fine dei rapporti precedenti. Tale meccanismo ha le caratteristiche di quella che Freud definì “coazione a ripetere” per descrivere quel processo incoercibile di origine inconscia che porta l’individuo a porsi attivamente in situazioni dolorose, mettendo in atto ogni volta i medesimi schemi disadattivi.
Come mai alcune persone continuano a ritrovarsi in quelle situazioni che a livello conscio vorrebbero evitare?
Spesso le motivazioni sono da ricercare nelle prime esperienze d’amore e d’attaccamento con i propri genitori che, come ampiamente dimostrato dalla “Teoria dell’Attaccamento” di Bowlby, continuano ad influenzare le modalità con cui ogni individuo sviluppa le proprie relazioni affettive anche in età adulta. Il rischio di perpetuare comportamenti disfunzionali all’interno dei rapporti è che si crei quella che può essere definita “una relazione tossica”, cioè nociva per entrambi i partner. Esistono diversi aspetti che possono caratterizzare queste relazioni, come ad esempio la gelosia estrema, la manipolazione, il tentativo di cambiare l’altro per adattarlo alle proprie richieste, l’ossessiva ricerca di realizzare ogni propria aspettativa, l’incapacità di tollerare il distacco dalla persona amata, la totale dipendenza affettiva.
Questi aspetti in una misura contenuta possono essere considerati comuni e in linea con il bisogno di affetto e di riconoscimento da parte dell’altro tipici dell’essere umano, ma quando assumono un ruolo preponderante nelle dinamiche di coppia il rapporto può raggiungere livelli patologici.
L’amore rischia, così, di trasformarsi in possesso, e la paura di perdere ciò che si considera di propria proprietà porta a mettere in atto bugie, ricatti e meccanismi di controllo dell’altro.
Questi rapporti tendono alle volte a durare tanto tempo perché la paura di restare da soli è talmente forte che si preferisce restare invischiati in una relazione dannosa e non soddisfacente piuttosto che affrontare la solitudine. Forse è proprio la paura di restare soli, di non sentirsi completi e unici se non al fianco di un’altra persona, a caratterizzare quelle persone che faticano e non riescono anche dopo diverso tempo a smettere di soffrire per una relazione o che si lanciano immediatamente in un nuovo rapporto, incappando ripetutamente nelle stesse dinamiche precedenti.
Solo quando si è in grado di stare bene con se stessi e di tollerare la solitudine si è veramente pronti ad amare e a donarsi all’altro senza eliminare la propria componente individuale né instaurare dinamiche relazionali tossiche, ma raggiungendo al contrario la propria autonomia affettiva.
Lo sapevi che:
Secondo lo psicologo americano John Gottman sono 4 gli errori fatali per qualunque relazione: il criticismo ripetuto, il disprezzo sarcastico, l’incapacità di ammettere i propri errori e l’erigere un muro comunicativo.
Una ricerca del 2016 pubblicata all’interno del giornale “Personality and Social Psychology Bulletin” evidenzia che le persone mostrano una sofferenza più prolungata dopo una separazione amorosa quando questa provoca un cambiamento negativo nella percezione di se stessi. Chi pensa che la relazione sia finita per qualcosa di sbagliato in se stesso riferisce di essere ancora arrabbiato quando pensa alla persona che lo ha respinto.
Secondo uno studio del 2013 condotto dall’Università di Oxford il bacio avrebbe un ruolo fondamentale nella durata delle relazioni. Sembrerebbe infatti esserci una diretta correlazione tra questo gesto e la soddisfazione relazionale, con risultati maggiori rispetto ai rapporti sessuali.
Dubbi e domande:
Anonima, 20 anni
Il mio problema riguarda un ragazzo, non so come dimenticarlo…
Anonima, 18 anni
Lui mi piace tantissimo ma vivo con la costante paura di perderlo…
Silvia, 20 anni
Ero felice, pensavamo al futuro, pensavo fosse la mia favola
Antonella, 20 anni
Sento di essere stata presa in giro da chi pensavo mi amasse…
Ecco come nel film “Io e Annie” Woody Allen ci spiega il motivo per cui le persone continuano a insistere nelle relazioni…