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Così si rompe il David di Michelangelo

Uno studio ha utilizzato delle riproduzioni in gesso, alte 10 centimetri, del David, deformate all'interno di una centrifuga per trovare una spiegazione alle microfratture che la stanno danneggiando...

Le opere d’arte sono tesori a cui non bisogna mai smettere di guardare. Ma non solo per ammirarle. La loro attenta e continua osservazione serve anche per tutelarle. Per questo gli scienziati le tengono sotto controllo e studiano anche quei dettagli che agli occhi ammirati dei turisti e degli appassionati possono sfuggire. A finire sotto la lente di ingrandimento dei ricercatori dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio nazionale delle ricerche (Igg-Cnr) e dell’Università degli Studi di Firenze è il David di Michelangelo.


Un’opera bella da togliere il fiato, che rappresenta l’armonia della bellezza classica con tutta la delicatezza e la virilità di un eroe consacrato nel mito. Il genio di Michelangelo la scolpì nei primissimi anni del Cinquecento, dando forma ad un enorme blocco di marmo, che, come si racconta, a Firenze era conosciuto come Il Gigante. E come spesso sono i giganti sembrava ingovernabile. Inoltre la materia che ha dato vita al capolavoro era stata già abbandonata da altri scultori in precedenza, perché ritenuta friabile e inadatta a sviluppare un’intera figura umana per il rischio che la scultura collassasse sulle gambe. Michelangelo onorò la sfida e dalle sue mani nacque una delle rappresentazioni della Bellezza più note nel mondo.

– UNA NANA BRUNA… POLARE
– SCOPERTA UNA NUOVA FORMA GEOMETRICA: L’EMIELICA
– TERZO LANCIO PER VEGA, DEBUTTO NEL SETTORE COMMERCIALE
– UNA PASSEGGIATA SPAZIALE LAMPO

Da allora il problema più pressante per chi ha a cuore la sua cura è legato alla stabilità. Ai piedi della statua c’è qualcosa che non va: nella caviglia sinistra e nel tronco destro sono visibili delle microfratture. Furono notate per la prima volta a metà dell’Ottocento e sono considerate una minaccia per la stabilità dell’opera. Ma perché si sono formate? Da cosa dipendono? Sono le domande a cui gli scienziati hanno trovato risposta. La spiegazione la fornisce Giacomo Corti dell’Igg-Cnr. I risultati “suggeriscono come sia la stabilità sia le caratteristiche della deformazione del David siano principalmente dovute all’inclinazione della statua. Innanzitutto, maggiore è l’angolo di inclinazione, maggiore è l’instabilità della statua sotto il proprio peso, particolarmente per inclinazioni maggiori di 15°- spiega Corti-. Inoltre, l’inclinazione influenza anche la posizione delle fratture, che tendono a interessare porzioni via via più alte: nella gamba destra, sopra i 15° la frattura avviene sempre al di sopra del tronco d’albero”.
Per arrivare a queste conclusioni lo studio ha utilizzato delle riproduzioni in gesso, alte 10 centimetri, del David, deformate all’interno di una centrifuga. I risultati sono pubblicati sul Journal of Cultural Heritage. “Durante la rotazione all’interno dell’apparato, i modelli a piccola scala sono sottoposti a forze molto più elevate della forza di gravità, ma che agiscono con le stesse modalità”, prosegue Corti. “In differenti prove, le piccole statue sono state sottoposte a una forza centrifuga crescente, rendendo la statua sempre più ‘pesante’, finché gli sforzi gravitazionali superano la resistenza del materiale e si giunge alla rottura”.
La deduzione è che la costante inclinazione della statua, anche se non supera i 5 gradi, sia il fattore critico che ha creato le microfratture nella parte inferiore del David. Ma quand’è che la statua ha subito questa inclinazione? Gli studiosi propendono per il periodo compreso tra il 1504 e il 1873: in quei tre secoli il David si trovava davanti a Palazzo Vecchio ed è probabile che il plinto, cioè il suo basamento, avesse subito una rotazione legata all’abbassamento non uniforme del terreno.


UNA NANA BRUNA… POLARE
Un astronomo della Pennsylvania State Universtiy ha individuato la nana bruna più fredda che sia mai stata osservata. Si tratta di un corpo celeste situato a 7,2 anni luce da noi, le cui temperature oscillano tra i -48 e i -13 gradi centigradi, quasi come quelle del nostro Polo Nord. La scoperta è avvenuta grazie al Wide-field Infrared Survey Explorer (WISE) e allo Spitzer space telescope della Nasa. Il corpo celeste (che si chiama WISE J085510.83-071442.5) fa parte di quella categoria per cui la sua dimensione è troppo piccola perché si trasformi in una stella vera e propria, ma troppo grande per essere considerata un pianeta.

SCOPERTA UNA NUOVA FORMA GEOMETRICA: L’EMIELICA
Una serie di eliche a spirale tridimensionali in cui la spirale gira, si modifica o si inverte periodicamente lungo la lunghezza delle stesse strutture: questa è l’emielica, una nuova forma geometrica scoperta dagli scienziati dell’Harvard University. Finora in Natura non era mai stata riscontrata l’esistenza di questa forma, che invece si verifica dopo specifiche sollecitazioni a degli elastici. Riuscire ad imitare questa forma potrebbe consentire passi avanti nel campo dei nanodispositivi, per esempio per sensori, risonatori e assorbitori di onde elettromagnetiche.

TERZO LANCIO PER VEGA, DEBUTTO NEL SETTORE COMMERCIALE
Luce verde per Vega. Il picco lanciatore, gioiellino del Made in Italy, ha preso il volo nella notte tra il 29 e il 30 aprile. Doveva partire 24 ore prima dalla base del Centro spaziale europeo di Kourou, in Guyana francese, ma un problema tecnico aveva fermato le operazioni. Durante questo terzo lancio per la prima volta Vega porterà in orbita un satellite per un cliente commerciale: si tratta di DDZ, realizzato da Airbus Defence and Space per il governo della Repubblica del Kazakhstan. Grazie a questa missione si faRà un passo avanti verso la qualifica cosiddetta ‘multimissione’ del nuovo software di guida, denominato FPS-A, sviluppato interamente in Italia sotto la guida del sistemista ELV, la societa’ italiana partecipata dall’Agenzia spaziale italiana (Asi), gia’ responsabile dello sviluppo dell’intero lanciatore Vega.

UNA PASSEGGIATA SPAZIALE LAMPO
E’ durata appena un’ora e trentasei minuti l’attività extraveicolare degli astronauti Rick Mastracchio e Steve Swanson. Grazie al loro intervento finalmente è stato riparato il computer di backup della Stazione Spaziale Internazionale, malfunzionante da quando, lo scorso 11 aprile, un’unità elettronica aveva smesso di rispondere ai controlli. Nonostante il lavoro sulla Iss non fosse precluso dal guasto, la Nasa ha insistito per installare il dispositivo di scorta. La passeggiata spaziale per eseguire la sostituzione viene annoverata tra quelle più brevi e senza intoppi mai concluse.

2018-06-05T17:27:51+02:00