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Se i genitori hanno paura come possono proteggere i figli?

I genitori scrivono al nostro servizio pieni di dubbi e paure, vogliono comprendere e capire e sono alla ricerca di suggerimenti per gestire un carico pratico ed emotivo da cui si sentono sopraffatti

Ci troviamo in un momento storico senza precendenti, un’emergenza mondiale in cui non esistono strumenti già collaudati in nessun campo e nessuno modello emotivo e comportamentale cui far riferimento. I genitori scrivono al nostro servizio pieni di dubbi e paure, vogliono comprendere e capire e sono alla ricerca di suggerimenti per gestire un carico pratico ed emotivo da cui si sentono sopraffatti. Sono genitori piuttosto provati dalla riorganizzare dei propri ruoli all’interno di un’unica dimensione, quella della casa: devono ritagliarsi lo spazio per lavorare, quello per vivere la dimensione affettiva ed educativa e sono fortemente coinvolti anche nel processo formativo (dovendo occuparsi, nel caso dei piccoli, della scuola)!!

I genitori di bambini della fascia prescolare e scolare, ci riferiscono di essere preoccupati per le reazioni dei loro figli: paure, sbalzi d’umore, crisi di rabbia e di pianto, disturbi del sonno, perdita delle autonomie, tic, fobie, tendenze ossessive e ipocondriache. I genitori di figli preadolescenti ed adolescenti, assistono a diversi comportamenti che li preoccupano: isolamento, tendenza all’iperconnessione, disaffezione ai doveri scolastici. Si sentono inefficaci e poco contenitivi quando i ragazzi si mostrano ribelli e oppositivi e si sentono disorientati e confusi quando i ragazzi alzano muri invisibili, chiudendosi in camera per tutto il giorno.

Ci sono poi i genitori stranieri o le famiglie che si sono trasferite da altri contesti o regioni che temono per il processo di integrazione e socializzazione dei propri figli; così come ci sono genitori che temono di non potercela fare a portare avanti la famiglia anche a livello economico. Questo generale vissuto di paura, disorientamento e confusione a volte esita in veri e propri crolli emotivi e in disturbi del sonno; gli adulti temono per il loro futuro, ma soprattutto per quello dei propri figli e non sanno come rispondere ad alcuni interrogativi angoscianti, quale quelli relativi alla morte. Rimanendo senza parole di fronte a domande dei figli quali: “E se il Coronavirus dovesse uccidere anche voi?”. Si sentono inadeguati perché vorrebbero contenere e rassicurare i propri figli, ma sono essi stessi impauriti e scombussolati; vorrebbero infondere quel coraggio che sentono mancare dentro loro stessi.

Il tema della morte diventa un’ombra importante che si aggira nelle stanze segrete di ognuno, così come il tema del contagio e della vicinanza come possibile minaccia. Inoltre il non sapere quando e come tutto questo avrà fine, fa sperimentare livelli altissimi di impotenza che generano rabbia, frustrazione e vissuti depressivi. Bambini e ragazzi non ne sono immuni e se i piccoli manifestano maggiormente sul piano psicosomatico i propri disagi e i propri conflitti, i più grandi hanno la tendenza a estremizzare comportamenti ed emozioni. La regressione è infatti un meccanismo fisiologico che il bambino attua quando si trova in una situazione di emergenza o pericolo e che risulta essere un modo per comunicare ed esprimere la propria ansia o quella che percepisce intorno a sé. Gli adolescenti dal canto loro, che hanno notoriamente difficoltà nel regolare le proprie pulsioni ed emozioni, fortissime in questa fase, tendono nei momenti di difficoltà ad accentuare le loro reazioni. I genitori, concentrati sul bisogno di sentirsi efficaci, dimenticano che anche i bambini e i ragazzi stanno affrontando un momento di riadattamento e stanno riorganizzando la propria vita, utilizzando gli strumenti a propria disposizione, ma soprattutto dimenticano che anche loro, in quanto esseri umani, non sono immuni da paura e sconforto.

Cosa fare allora? Fingersi “supereroi” non funziona, è importante saper sostenere il peso dell’ambivalenza dei vissuti e delle emozioni conflittuali: paura e forza, coraggio e vulnerabilità, timore e speranza. Come funamboli camminare sul filo, provando a tenerle in equilibrio. È importare riuscire a convivere con la propria paura, accettandola e utilizzandola come uno strumento e non un ostacolo, fare in modo che non sia soverchiante, ascoltando che cosa può suggerire e ricordandosi che non avere paura significherebbe non esser in contatto con la situazione del momento, cosa che potrebbe essere anche più pericolosa!

Fondamentale risulta inoltre rimanere in contatto con tutte le proprie emozioni: esse sono il motore delle nostre azioni e qualsiasi comportamento genitoriale è efficace infatti solo se in sintonia anche col sentire profondo. Inoltre rispecchiare le emozioni ai figli permette loro di dare un nome ai propri vissuti, sentendosi legittimati ad esprimerli, evitando ingorghi emotivi che diventano poi la base di disturbi più seri. Occorre inoltre accettare e comprendere che non sempre si può avere la giusta risposta, specialmente se la domanda colpisce e destabilizza profondamente anche il genitore: meglio allora rimandare al figlio che, siccome è tanto importante quello che sta chiedendo, ci si prenderà del tempo per rispondere adeguatamente: sarà fondamentale poi tornare sull’argomento, altrimenti verrà minata la fiducia nella comunicazione e nella relazione.

Infine è molto liberatorio ammettere di non avere la risposta giusta e lasciare che, ad alcune domande, si risponda mediante la propria presenza. Quello che è importante è infatti esserci e non fuggire dalle preoccupazioni dei propri figli, minimizzandole o cercando di liquidarle con soluzioni esclusivamente pratiche. La rassicurante sensazione del calore della vicinanza emotiva può essere la risposta, e se si resta accanto emotivamente, si scoprirà che bambini e ragazzi sono maestri nel trovare risposte creative e piene di senso. È fondamentale ricordare che in questo momento gli up and down emotivi sono la cifra del sentire comune, ma se un genitore avverte che sta avendo un crollo emotivo è importante che attivi la propria rete di sostegno, confidando e cercando supporto nella propria famiglia o tra gli amici. E se si rende conto che queste non bastano, può fare la differenza rivolgersi ad uno specialista. Un genitore che sa chiedere e ricevere aiuto, fornisce al figlio un modello di comportamento fondamentale e può sentirsi alleggerito e supportato, riuscendo poi a svolgere meglio il proprio ruolo.

Vademecum anti-panico per i genitori:

 

 

1. Accettate e utilizzate la paura
La paura è l’emozione naturale e necessaria che si attiva di fronte a un pericolo: è un campanello d’allarme che serve a mettere in atto un comportamento di protezione verso se stessi e verso le persone che si amano. Accoglierla vi permetterà di modularla e utilizzarla per comportamenti virtuosi.

2. Restate in contatto e rispecchiate le emozioni
Le emozioni sono il motore delle nostre azioni, conoscerle ci permette di utilizzarle al meglio e a nostro vantaggio. Solo restando in ascolto delle proprie si può svolgere l’importantissimo compito del rispecchiamento emotivo ai figli.

3. Prendetevi tempo per rispondere
Non sempre si può avere la giusta risposta pronta, specialmente se la domanda vi colpisce e vi destabilizza profondamente: meglio allora prendersi tempo e rimandare al figlio che, siccome è tanto importante, risponderete dopo averci riflettuto.

4. Trasmettete sicurezza mediante la vostra presenza
Sembra impossibile ma è la cosa più normale del mondo: un genitore può non avere la risposta ad alcune domande! Può però trasmettere sicurezza mediante la propria presenza: quello che è importante è infatti esserci e non fuggire dalle preoccupazioni dei propri figli.

5. Se necessario, fatevi sostenere e aiutare
Se avvertite che state per avere un crollo emotivo, attivate la vostra rete di sostegno, confidandovi e cercando supporto nella famiglia o tra gli amici. Se però vi rendete conto che queste non bastano può fare la differenza rivolgersi a uno specialista.

2020-05-19T15:56:14+02:00